Ci vuole impegno da entrambe le parti

Mamma Daniela dall'Italia ha deciso di offrirci non solo la sua storia ma anche qualche consiglio utile su come affrontare al meglio l'esperienza alla pari.

Rechts Container und Strandpromenade am Meer

Con tre bambini piccoli in famiglia c'era bisogno di aiuto

Abbiamo tre bambini molto piccoli: la prima di 5 anni appena compiuti, il secondo di tre anni e mezzo e l’ultimo arrivato di appena 7 mesi. Viviamo in una città sul mare (Ancona) ed è normale per noi far trascorrere ai bambini più tempo possibile in spiaggia ma una mamma da sola con tutti e tre i suoi figli dovrebbe avere  un clone per riuscire a dividersi tra bagni, pappe, pausa pranzo, toilette, nanne, giochi allo stabilimento… così io e mio marito abbiamo deciso di farci aiutare durante l’estate visto che a luglio io sarei stata sempre sola perché lui immerso nel lavoro.

Allora perché non trasformare l’aiuto di una tata con un’esperienza culturale e linguistica vantaggiosa per noi e per i nostri bambini? Ci abbiamo messo un po’ a  trovare la nostra au pair ma agli inizi di Luglio è arrivata Gabriella, una ragazza inglese. Prima del suo arrivo sono stati tanti gli scambi di mail e qualche collegamento via Skype per conoscerci un po’ e per permettere ai bambini di guardare la loro futura “nanny”. La durata della sua permanenza non era stata concordata precisamente perché io non sapevo ancora se sarei tornata al lavoro dopo la fine del mio periodo di maternità o no, ma soprattutto non sapevamo come avrebbe potuto essere questa nuova esperienza.  

All'inizio non è stato semplice ma noi genitori non l'abbiamo mai lasciata sola

Accogliere in casa un’estranea non è affatto semplice, ma lei si è dimostrata subito aperta, socievole, molto alla mano e preparata. La relazione con la nostra bambina è stata subito abbastanza buona, mentre il nostro secondo figlio, che è normalmente molto scettico e poco aperto ai cambiamenti, ha avuto bisogno di più tempo per accettarla fino poi a interessarsi moltissimo ai giochi in lingua inglese per imparare semplici paroline.

Ovviamente all’inizio non è stato semplice per nessuno: lei faticava a capire i nostri bambini non conoscendo affatto l’italiano e i bambini a volte si arrabbiavano quando le chiedevano qualcosa e lei non riusciva a capirli e ad accogliere le loro richieste, ma noi genitori non l’abbiamo mai lasciata sola proprio per permettere a tutti di familiarizzare con la nuova situazione e per fare da interpreti. Col bambino più piccolo invece non c’è stato mai alcun problema: le ho mostrato dove fossero le sue cose, come cambiare il pannolino, fare il bagnetto o dargli da mangiare, e lei ha seguito le istruzioni diligentemente mostrandosi svelta, capace,indipendente e ricca di iniziative e perfettamente a suo agio: ha saputo gestirlo, prendersene cura, giocarci, intrattenerlo, addormentarlo… cose non sempre facili e immediate per una ragazza molto giovane.

La relazione con i due più grandi non è stata idilliaca

Purtroppo con i due più grandi la situazione non è stata idilliaca. Ammetto di avere due bambini molto vivaci con cui non è facile interagire se si è “l’ultima arrivata” ma penso che una au pair dovrebbe fare di tutto per farsi apprezzare dai bambini ospitanti e non solo dagli adulti. Con i neonati bisogna essere almeno un po’ preparate per gestirli bene o imparare in fretta, ma con i più grandicelli penso che si debba essere “molto accattivanti”. Andavamo al mare ogni giorno a piedi e non sono mancati i momenti in cui uno dei due dicesse di non volerle dare la mano o facesse qualche capriccio e quindi io mi ritrovavo a spingere il passeggino con gli altri due attaccati “come al solito”.

Capisco che non sia bello sentirsi rifiutati e, in più, dover intuire dalle espressioni del viso quello che sta succedendo, ma penso anche che una qualsiasi ragazza che parta per andare ospite come au pair debba mettere in cima alla lista dei “contro” l’eventualità di dover faticare a integrarsi, non tanto con gli adulti (che hanno mezzi più maturi ed efficaci per superare le difficoltà e sono consapevoli di quello che stanno per affrontare), quanto con i bambini con i loro caratteri a volti chiusi, “mammoni”, gelosi…

Socievole, educata e bravissima a gestire i tempi dei bambini

La nostra au pair aveva assolutamente tanti lati positivi e tante capacità: si è dimostrata professionalmente valida, cortese, molto educata, pulita, molto brava anche con le faccende domestiche (mi aiutava a sgombrare la cucina dopo i pasti, rifaceva i letti dei bambini, teneva in ordine le loro cose e le sue… e faceva tutto spontaneamente senza che le fosse assolutamente stato imposto da noi). C’è stata inoltre una buona intesa per gestire i tempi dei bambini: lei aveva capito subito quali erano i momenti critici della giornata in cui avevo più bisogno della sua presenza e io ho fatto in modo di lasciarle parecchio  tempo per lei: so  bene che ogni tanto bisogna stare un po’ senza bambini intorno per ricaricarsi!

Quello che avrebbe potuto fare di diverso secondo noi, era un piccolo sforzo in più per conquistarsi i due grandi. Di positivo c’è stato che ne abbiamo potuto parlare tranquillamente da adulti maturi e responsabili per cercare nuove soluzioni, e in effetti, in un secondo momento, lei ha dedicato un po’ più di tempo a loro proponendo qualche gioco in lingua inglese che avuto successo: la pronuncia che un bambino può riprodurre ascoltando una madrelingua è impressionante! Lei stessa comunque ha confessato che preferiva occuparsi del bambino di 7 mesi (per non imbattersi nelle incomprensioni o, forse per non dover gestire capricci o rigidità tipiche dei bambini).

L'importanza di condividere la propria esperienza con altri au pair

Noi da parte nostra crediamo di averla trattata come una persona di famiglia, interessandoci a lei, alla sua cultura, alle sue esigenze, dandole ampi tempi liberi e la possibilità spesso di scegliere cosa fare tra le varie cose possibili. Al mare di mattina poteva fare il bagno con loro, o seguirli e controllarli all’area giochi; ogni pomeriggio aveva delle ore libere che poteva impiegare come più desiderava e, nei week end ha potuto visitare altre cittadine e passare del tempo con un’altra ragazza alla pari ospite dai nostri vicini. Questa credo che sia una cosa molto importante per una au pair, ma non facile da ottenere: avere nello stesso quartiere un’altra ragazza che vive la tua stessa esperienza, che ha la tua età e che parla la tua lingua credo che sia una gran fortuna!

Ci ha lasciato anzitempo

Poi però lei ha deciso di andarsene senza nemmeno finire l’estate. Questa cosa ci è molto dispiaciuta sia perché da un punto di vista organizzativo è ovvio che io non potrò tornare a lavoro a settembre (a meno che non troviamo un’altra au pair immediatamente), sia per le motivazioni che ci ha dato: il periodo estivo troppo lungo (lei si aspettava 15 giorni invece dei 2 mesi che per fortuna abbiamo in Italia e che erano stati chiaramente indicati nelle varie mail), la sistemazione estiva non troppo comoda in camera con i bambini e con un bagno comune (peraltro ampiamente descritta dato che si trattava di una seconda casa al mare, mentre nella nostra casa in città aveva una stanza sua con bagno privato), le difficoltà linguistiche con i bambini che le impedivano di svolgere il proprio lavoro come lei avrebbe desiderato; però continuava a ripeterci che la nostra famiglia e i bambini le piacevano, l’Italia anche e i rapporti con noi andavano bene.

Questo “mistero” sul perché ci abbia lasciati anzitempo rimarrà una piccola ombra nella nostra prima esperienza con una ragazza alla pari, un periodo che comunque ricorderemo con affetto e che ci spinge a cercare una nuova au pair, sperando che per tanti aspetti assomigli alla prima nostra ospite!

Qualche suggerimento da famiglia a famiglia:

  • Le ragazze hanno bisogno di spazi privati e personali (da condividere con altre au pair, se ne hanno la fortuna) per vivere la loro età: molte sono giovanissime e come ogni figlio di 20 anni hanno diritto ad uscire la sera o passare una domenica con gli amici, ma il tutto fatto con onestà e rispetto reciproco.
  • Le difficoltà iniziali della lingua vanno mediate da noi adulti che almeno un po’ dovremmo conoscere la lingua delle ragazze che ospitiamo.
  • Le au pair invece dovrebbero essere molto pazienti con i bambini e immaginarsi che non sempre con loro tutto può filare liscio e che bisogna sapersi far amare da loro: alcuni sono molto selettivi! Contattare le ragazze via skype può essere un buon inizio per “rompere il ghiaccio” e sicuramente, nel corso dei contatti via mail bisogna essere molto chiari su quello che si vuole da loro e, ugualmente, le ragazze, che parlano contemporaneamente con tante famiglie, prima di fare la loro scelta definitiva, dovrebbero avere un quadro completo di quello che affronteranno rileggendo magari tutte le mail che ci si è scambiati…. Forse è consigliabile, una volta accordatisi, riepilogare in un’unica mail tutto quanto si è detto nel corso dei contatti preliminari, per evitare qualsiasi equivoco (durata dell’esperienza, sistemazione, tempi lavorativi e liberi, paghetta, ecc.).
  • Per quello che riguarda la lingua questo è sicuramente il modo migliore per impararla, migliorarla, affinare la pronuncia, imparare espressioni e modi di dire che sicuramente a scuola non ci insegnano!